Codice Penale art. 152 - Remissione della querela.Remissione della querela. [I]. Nei reati punibili a querela [120] della persona offesa, la remissione estingue il reato [609-septies 3]1. [II]. La remissione è processuale [340, 564 c.p.p.] o extraprocessuale. La remissione extraprocessuale è espressa o tacita. Vi è remissione tacita, quando il querelante ha compiuto fatti incompatibili con la volontà di persistere nella querela [597 2]. [III]. Vi è altresì remissione tacita: 1) quando il querelante, senza giustificato motivo, non compare all'udienza alla quale è stato citato in qualità di testimone; 2) quando il querelante ha partecipato a un programma di giustizia riparativa concluso con un esito riparativo; nondimeno, quando l'esito riparativo comporta l'assunzione da parte dell'imputato di impegni comportamentali, la querela si intende rimessa solo quando gli impegni sono stati rispettati2. [IV]. La disposizione di cui al terzo comma, numero 1), non si applica quando il querelante è persona incapace per ragioni, anche sopravvenute, di età o di infermità, ovvero persona in condizione di particolare vulnerabilità ai sensi dell'articolo 90-quater del codice di procedura penale. La stessa disposizione non si applica altresì quando la persona che ha proposto querela ha agito nella qualità di esercente la responsabilità genitoriale su un minore, ovvero di rappresentante legale di una persona minore o incapace, ovvero di persona munita di poteri per proporre querela nell'interesse della persona offesa priva in tutto o in parte di autonomia, ovvero di curatore speciale nominato ai sensi dell'articolo 1213. [V]. La remissione può intervenire solo prima della condanna [648 c.p.p.], salvi i casi per i quali la legge disponga altrimenti [542 2]. [VI]. La remissione non può essere sottoposta a termini o a condizioni. Nell'atto di remissione può essere fatta rinuncia al diritto alle restituzioni e al risarcimento del danno [185; 339 3, 340 2 c.p.p.]. [1] Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. h), n. 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che ha sostituito la parola «reati» alla parola «delitti». Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. [2] Comma inserito dall'art. 1, comma 1, lett. h), n. 2, d.lgs. n. 150, cit. Ai sensi dell'art. 92, comma 2-bis d.lgs. n. 150, cit. le disposizioni in materia di giustizia riparativa si applicano nei procedimenti penali e nella fase dell'esecuzione della pena decorsi sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Il comma 2-bis è stato da ultimo inserito dall'art. 5-novies d.l. n. 162, cit., in sede di conversione. Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. [3] Comma inserito dall'art. 1, comma 1, lett. h), n. 2, d.lgs. n. 150, cit. Ai sensi dell'art. 92, comma 2-bis d.lgs. n. 150, cit. le disposizioni in materia di giustizia riparativa si applicano nei procedimenti penali e nella fase dell'esecuzione della pena decorsi sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Il comma 2-bis è stato da ultimo inserito dall'art. 5-novies d.l. n. 162, cit., in sede di conversione. Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. InquadramentoNel Titolo VI del Libro Primo del Codice è contenuta la regolamentazione legislativa delle cause di estinzione del reato e della pena; al Capo primo, tra le cause estintive del reato, figura poi la remissione nei reati perseguibili a querela. Trattasi di una figura che si risolve in una sorta di perdono, proveniente dal soggetto titolare del bene-interesse leso dal reato, come tale legittimato alla proposizione dell'istanza punitiva e successivamente anche al ritiro della stessa. Un perdono che può ovviamente essere determinato da ragioni personali di natura anche estremamente variegata e, comunque, sostanzialmente ininfluenti. Si è infatti sottolineato che: “.. non sembra che la remissione sia in via generale esposta a rischi di mercanteggiamento – economici o di altra natura – più gravi di quelli certamente possibili già per la stessa proposizione o meno della querela: dove sia prevista la perseguibilità a querela, dunque, si capisce che l’ammissibilità della remissione costituisca una ordinaria logica conseguenza; ciò non toglie, tuttavia, che in qualche caso specialissimo ……. sia preferibile rendere comunque una eventuale scelta nel senso della querela come non più modificabile, escludendo perciò espressamente la remissione della querela stessa” (Romano, Grasso, Padovani, 41). Sotto il profilo strettamente processualpenalistico, la remissione si risolve in una forma di improcedibilità sopravvenuta (Mantovani, 837); in ragione di tale caratteristica — appunto strettamente legata al profilo processuale della vicenda attinente alla punibilità — da molti Autori la remissione di querela è considerata un istituto appartenente in via esclusiva al diritto processuale, da sviscerare quindi nella sede propria della procedura penale (Fiandaca-Musco, 461). Del resto, la stessa querela ha struttura e funzione che appaiono di tipo precipuamente processuale, nel senso che dalla stessa non nasce il fatto-reato, bensì solo l'espressione della volontà punitiva. L'atto contrario e speculare rispetto alla querela — ossia appunto la remissione — tecnicamente non estingue quindi il fatto, bensì ne rende impossibile l'ulteriore persecuzione (Battaglini, 412; si veda anche Gaito, 1). Sotto il profilo tecnico-dogmatico, la remissione di querela è stata dunque definita come “la dichiarazione della persona offesa contraria alla volontà di persistere nella querela, causando così il blocco dell'ulteriore corso del processo” (Diotallevi, 481). Elidendo uno dei fondamenti del processo — ossia la procedibilità — la remissione di querela rende impossibile la prosecuzione dello stesso; è questa quindi, in definitiva, la ratio dell'inserimento di tale istituto fra le cause di esclusione del reato. Ancora in sede di classificazione sistematica, si è definita la remissione di querela come una causa di estinzione del reato monocondizionata, volendo con ciò fare riferimento all'esistenza dell'unica condizione rappresentata dall'accettazione dell'accusato (Ragno, 952). Profili generaliStruttura e funzione dell'istituto. La remissione di querela si sostanzia in una revoca dell'istanza punitiva già presentata. Essa esplica i suoi effetti soltanto laddove accettata dalla persona che era stata accusata di uno specifico fatto-reato; tale natura recettizia, negoziale, vale a segnare la linea di discrimine fra la remissione della querela e la rinuncia alla stessa (Montagna, 108). Laddove intervenga la remissione di querela, le spese del procedimento vengono ordinariamente poste a carico del soggetto querelato, a meno di pattuizione derogatoria, che deve essere sussunta nell'atto stesso di remissione (la norma è stata novellata in questo senso, ad opera della l. 25 giugno 1999, n. 250). Segnaliamo inoltre che — nei processi per reati procedibili a querela — il giudice monocratico deve sempre verificare la eventuale disponibilità del querelante a rimettere la querela e la correlata propensione del querelato, a sua volta, ad accettare tale remissione (art. 555 comma 3 c.p.p.; la norma che sancisce analogo obbligo a carico del giudice di pace si trova nell'art. 29 comma 4 d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274). Ricordiamo poi l'esistenza di fattispecie eccezionali — in relazione alle quali, evidentemente, il legislatore ha giudicato necessario apprestare la massima tutela per la persona offesa — nelle quali è prevista la irrevocabilità della querela e quindi l'impossibilità della remissione della stessa. Si pensi ad esempio ai delitti di violenza sessuale e di atti sessuali con minorenne (art. 609-septies, in relazione agli artt. 609-bis, 609-ter e 609-quater), ovvero al delitto di atti persecutori, allorquando il fatto sia commesso «mediante minacce reiterate nei modi di cui all'articolo 612, secondo comma» (art. 612 bis quarto comma ultimo periodo, come modificato dall'art. 1 d.l. 14 agosto 2013, n. 93, convertito con modifiche in l. 15 ottobre 2013, n. 119). Con riferimento ai rapporti tra la figura in esame e le altre cause estintive del reato, si potrà poi consultare il commento all'art. 183. Differenze rispetto alla rinuncia La remissione di querela deve esser tenuta nettamente distinta — sotto il profilo ontologico e strutturale — dalla rinuncia disciplinata dall'art. 339 c.p.p. Questa interviene infatti prima ancora che il diritto di querela venga esercitato, bloccando in re ipsa la possibilità stessa che venga inoltrata l'istanza punitiva. La linea di discrimine fra i due istituti, inoltre, si colloca sul versante della diversa ampiezza di applicazione che il legislatore ha ad essi accordato. Nel senso che, come sopra accennato, non tutte le fattispecie di reato sono soggette a remissione (si veda, ad esempio, l'art. 609 septies), a differenza di quanto accade in relazione alla rinuncia. La formulazione normativa dell'istitutoIl dettato della disposizione La norma in commento stabilisce che la remissione di querela estingue il reato e che essa può avere natura processuale o extraprocessuale. Tale ultima forma di remissione — la extraprocessuale — può essere manifestata attraverso una dichiarazione espressa, sussunta quindi in una forma scritta, oppure può essere veicolata per il tramite di una dichiarazione resa oralmente, poi comunque trasfusa in un atto scritto. Oppure essa può avere una connotazione tacita, ossia manifestarsi mediante il compimento di fatti inconciliabili con la volontà di mantenere intonsi gli effetti sostanziali e processuali scaturenti dalla querela. Tradursi insomma in una condotta che sia direttamente ed inequivocabilmente evocativa della sussistenza di una volontà dismissiva della precedente istanza punitiva. Ed anche in tal modo, sarà consentito impedire la prosecuzione della già instauratasi vicenda processuale o procedimentale. Modifiche introdotte a seguito della Legge 27 settembre 2021, n. 134. Con il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, in attuazione della Legge 27 settembre 2021 n. 134, recante delega al governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari, sono state fra l'altro introdotte modifiche al testo dell'art. 152. Segnatamente, nel primo comma la parola: «delitti» è stata sostituita dalla parola «reati». La possibilità di remissione della querela è quindi estesa ora indifferentemente a delitti e contravvenzioni. La novella ha poi interpolato anche il secondo comma della disposizione codicistica in commento. Qui è stata aggiunta la specificazione secondo la quale che l'assenza ingiustificata del querelante, ad una udienza alla quale egli sia stato convocato in veste di testimone, debba assumere il significato di tacita remissione della querela. Parimenti, avrà valenza di remissione tacita dell'istanza punitiva anche la partecipazione – ad opera del querelante – ad un programma di giustizia riparativa culminato con esito riparativo. Laddove però tale esito riparativo postuli l'assunzione – da parte dell'imputato – di impegni di tipo comportamentale, la querela potrà intendersi tacitamente rimessa solo nel momento in cui risulti certo l'adempimento rispetto a tali impegni. L'ultimo cambiamento apportato alla norma in esame dall'attuazione della riforma cd. Cartabia contiene una clausola di esclusione dalla sopra riportata possibilità, che una determinata condotta venga letta alla stregua di una manifestazione di volontà tacita di rimettere la querela. Si stabilisce infatti che la disposizione dettata da quarto periodo del secondo comma dell'art. 152 non debba trovare applicazione, allorquando si sia in presenza di un querelante che versi in condizione di incapacità per ragioni - anche sopravvenute - di età o infermità, ovvero quando il querelante stesso sia una persona che si trovi in una situazione di particolare vulnerabilità conforme alla previsione ex art. 90-quater c.p.p. Nemmeno può essere applicata, la sopra riferita disposizione, nel caso in cui il querelante abbia agito nella qualità di esercente la responsabilità genitoriale su un minore, oppure di rappresentante legale di una persona minore o incapace, o anche quale persona munita di poteri per proporre querela nell'interesse della persona offesa, laddove quest'ultima sia anche solo parzialmente sfornita di autonomia, ovvero infine anche di curatore speciale nominato a norma dell'art. 121. L'art. 92, comma 2-bis, D. Lgs. n. 150 del 2022, introdotto, in sede di conversione del d.l. n. 166 del 2022, dalla legge n. 199 del 2022, prevede che la disposizione di cui al nuovo art. 152, comma terzo, n. 2, come tutte le disposizioni in materia di giustizia riparativa, si applichi, nei procedimenti penali e nella fase dell'esecuzione della pena, decorsi sei mesi dalla data di entrata in vigore del D. Lgs. n. 150 del 2022, ovvero a partire dal 30 giugno 2023. Trattandosi di previsione di favore, perché introduce una nuova circostanza attenuante, essa – ricorrendone le condizioni – potrà retroagire, ovvero essere applicata anche in riferimento ai reati commessi prima del 30/12/2022, data di entrata in vigore del D. Lgs. n. 150 del 2022, che la ha introdotta nell'ordinamento. Le modifiche ulteriori, tutte di contenuto favorable, si applicheranno retroattivamente ai reati commessi prima del 30/12/2022, data di entrata in vigore del D. Lgs. n. 150 del 2022. La legittimazione soggettiva La remissione di querela deve provenire dal soggetto legittimato, il quale può esprimere tale volontà in primo luogo personalmente; oppure, tale volontà abdicativa può essere manifestata per mezzo di un procuratore speciale a ciò specificamente abilitato, secondo le forme indicate dal combinato disposto degli artt. 122 e 340 c.p.p. La Consulta ha peraltro stabilito come il diritto di rimettere la querela rappresenti un diritto pubblico soggettivo, riconosciuto a chi abbia proposto la querela ovvero — in caso di decesso di quest'ultimo — ai suoi eredi, a patto che siano tutti consenzienti (C. cost., n. 151/1975, diffusamente esaminata in sede di commento all'art. 156). L'ambito di operativitàIl limite dell'efficacia Si evidenzia in primo luogo come la remissione di querela abbia una collocazione temporale (rectius, squisitamente processuale) ben precisa, in quanto essa non può intervenire oltre la pronuncia della condanna. Gli interpreti della norma — come del resto la giurisprudenza (v. sotto) — hanno comunemente ritenuto che, nei casi in cui il legislatore adoperi semplicemente il termine «condanna», intenda far riferimento ad una pronuncia comunque irrevocabile; quindi, alla sentenza o al decreto penale ormai divenuti definitivi (Diotallevi, 488, Siracusano, 726). Tanto vero che la remissione di querela è pacificamente ritenuta proponibile anche in pendenza del giudizio in Cassazione e può essere rilevata anche dal Giudice di legittimità (vedere giurisprudenza sotto riportata). La norma stessa prevede poi — quale eccezione al principio sin qui analizzato — il caso in cui sia dalla legge disposto in maniera differente. La causa estintiva in esame preclude l'esame di questioni di nullità. Non impedisce però che il giudice possa apprezzare in senso positivo gli elementi di valutazione e conoscenza già emersi, che siano favorevoli all'imputato e che siano quindi tali da condurre ad un proscioglimento nel merito. Beneficiari dell'effetto estintivo Nel caso di più coindagati o coimputati, la remissione di querela fatta a favore di uno soltanto di essi si estenderà a tutti coloro ai quali possa essere ascritto lo stesso fatto-reato; non si estenderà invece a chi possa essere ritenuto responsabile di altre fattispecie, anche laddove queste integrino la medesima disposizione di legge e risultino perpetrate magari in danno della medesima persona offesa. La remissione fatta in favore di uno solo, tra i coautori di un fatto colposo, esplica ipso iure effetto anche nei confronti degli altri; ciò avviene però soltanto laddove sia ravvisabile una cooperazione di più soggetti nella commissione della medesima condotta e non anche nella diversa ipotesi del concorso di cause colpose indipendenti. In caso di remissione reciproca di querele — temporalmente collocata in un momento successivo, rispetto a quello dell'emissione della sentenza — l'effetto estintivo si produrrà anche nei confronti del soggetto che non abbia interposto appello avverso tale sentenza. La remissione processualeLa remissione processuale può essere solo espressa. Essa consiste in una dichiarazione resa dinanzi al giudice competente ovvero ad un ufficiale di polizia giudiziaria, il quale poi provvederà a trasmettere il relativo verbale all'autorità giudiziaria. La remissione della querela è quindi processuale anzitutto quando è fatta durante una vicenda processuale; rientra quindi in tale schema, anzitutto, la remissione resa dinanzi al giudice competente. In tali casi, evidentemente, il legislatore ha inteso demandare al giudice il compito di controllare in maniera incisiva la spontaneità della remissione. Il combinato disposto degli artt. 152 e 340 c.p.p., però, consente di ricondurre entro l'alveo della figura della «remissione processuale» anche quella che venga resa dinanzi ad un ufficiale di p.g., il quale poi rimetterà l'atto al giudice (si veda la giurisprudenza sotto riportata). La remissione processuale della querela viene fatta, come sopra già detto, personalmente ad opera del soggetto avente diritto; in alternativa, può esser fatta mediante dichiarazione interposta da parte di un procuratore speciale. Questi deve risultare a tanto abilitato in forza di atto pubblico, ovvero derivare tale potere da una scrittura privata autenticata; quest'ultima deve specificamente contenere l'oggetto del potere conferito. La dichiarazione di remissione — così come quella di accettazione — deve quindi esser fatta nelle medesime forme previste per la rinuncia espressa alla querela. E quindi — laddove non vi sia remissione pronunziata direttamente in udienza, ossia raccolta proprio dinanzi al giudice — tale volontà può essere manifestata o mediante dichiarazione scritta, ovvero per il tramite di dichiarazione rilasciata in forma solo orale ad un ufficiale di polizia giudiziaria o ad un notaio. Questi ultimi provvederanno poi alla redazione del relativo verbale (artt. 339 e 340 c.p.p.). In caso di procura rilasciata al difensore, questi può provvedere anche all'autenticazione della firma dell'avente diritto in calce alla procura (art. 122 c.p.p.). La remissione processuale — che si ripete, può essere soltanto espressa — si risolve dunque in un negozio giuridico bilaterale, composto appunto dalla remissione (che qui svolge la funzione dell'offerta) e dall'accettazione. La remissione processuale non postula infine il ricorso a rigide forme di tipo rituale, dovendosi ritenere bastevole che emerga — in maniera puntuale e inequivocabile — il venir meno della volontà, da parte del querelante, di giungere all'affermazione di penale responsabilità nei confronti del soggetto querelato. Tale forma di remissione — oltre come detto a non esigere l'adozione di una particolare sacralità, o comunque di formule precostituite — non è nemmeno subordinata al fatto che risultino adempiuti gli oneri di tipo fiscale discendenti dalla legge sul bollo. La remissione extraprocessualeLa forma espressa Trattasi della modalità di remissione che si concretizza mediante il compimento di atti formati all'esterno del processo, allorquando la volontà dismissiva venga sussunta in un atto di carattere formale. L'effetto estintivo ricollegato alla remissione extraprocessuale deve comunque sempre essere recepito e dichiarato all'interno del processo, sebbene si possa anche originare — sotto il profilo strettamente fenomenico — fuori di esso. La forma tacita La remissione extraprocessuale, oltre che espressa, può anche avere natura tacita. Dovranno qui intervenire comportamenti inconciliabili con la volontà di far proseguire l'azione penale a carico del querelato. Si è giustamente osservato come la norma esiga espressamente il compimento di «fatti», che appaiano incompatibili con la volontà di persistere nella querela; dunque un comportamento esteriormente apprezzabile e non una mera omissione, quale potrebbe ad esempio essere il non comparire in udienza, nonostante l'eventuale previo avviso che tale assenza sarebbe stata interpretata proprio alla stregua di una remissione tacita; e nemmeno può attribuirsi tale valenza alla transazione del danno, oppure al fatto di non costituirsi parte civile, ovvero infine alla revoca della già proposta costituzione “che può derivare da causa indipendenti dalla volontà dell'offeso, da circostanze contingenti e da valutazioni non abdicative o remissorie” (vedere Diotallevi, 484, per una disamina completa del tema; vedere anche la giurisprudenza sotto citata). Affinché un determinato comportamento possa poi essere ritenuto significativo della volontà di remissione, è in primo luogo necessario che esso non abbia natura esclusivamente unilaterale, ossia che possa instaurare una situazione di effettivo abbandono della volontà punitiva precedentemente espressa. Occorre poi che tale comportamento presenti una inequivoca significazione “e che implichi necessariamente la volontà di abbandonare l'istanza di punizione e quella di accettare tale abbandono, quantunque non sia necessario che implichi anche riconciliazione” (Manzini, 561). In tema di remissione tacita di querela, il Supremo Collegio ne ha ritenuto la configurabilità, in presenza della sottoscrizione di un atto di quietanza contenente l'accettazione di una somma di denaro, valida quale saldo e stralcio di qualsivoglia pretesa e corredato dalla rinuncia all'esercizio di qualsiasi azione in sede civile o penale; viene infatti in rilievo, in tal caso, la chiara espressione della volontà del querelante di non proseguire nel far valere l'istanza punitiva (Cass. IV, n. 13204 /2022). Secondo la regola ermeneutica fissata da Cass. II, n. 29959/2024 – quanto alla tematica della remissione tacita della querela, collegata alla mancata comparizione in dibattimento a rendere l'esame - il disposto letterale dell'art. 152, comma terzo, n. 1, nel testo inserito dall'art. 1, comma 1, lett. h), d.lgs. n. 150 del 2022, entrato in vigore a far data dal 30 dicembre 2022, opera anche allorquando il teste non comparso all'udienza, senza addurre la sussistenza di un giustificato motivo, abbia in precedenza sporto querela, nella veste di legale rappresentante, in carica, dell'ente persona offesa. Tale effetto estintivo è subordinato a una duplicità di condizioni, che sono rappresentate dal fatto che tale soggetto mantenga la suddetta qualità, fino alla data dell'udienza e che egli risulti legittimato, in forza dei poteri conferitigli dallo statuto dell'ente che rappresenta, a procedere alla remissione della querela, non comparendo all'udienza per la quale sia stato citato come testimone. Inapplicabilità di termini o condizioni
Nozione e natura giuridica della remissione «condizionata» Secondo l'espresso dettato normativo, la remissione non può sottostare a termini o condizioni. Ciò ovviamente non sta ad indicare che — nello snodarsi di eventuali intese tese magari alla riappacificazione, ovvero alla composizione di vertenze di tipo economico — il querelante non possa accompagnare l'offerta di rimettere la querela all'avverarsi di determinate condizioni. Cosa ben diversa è però il successivo atto di remissione, processualmente spendibile e produttivo di effetti.. Questo deve essere del tutto privo di termini e condizioni, come detto. L'eventuale apposizione di termini o condizioni è stata letta da alcuni quale fattore in grado di rendere inefficace la remissione (Manzini, 559); altri Autori hanno invece considerato tale situazione come una causa di inesistenza della remissione (Battaglini, 315). Precisiamo comunque che la inefficacia giuridica della remissione condizionata travolge l'atto nella sua interezza. Non è infatti consentito scindere idealmente i due momenti della revoca della precedente istanza punitiva e della condizione ad essa apposta, per ricavarne l'inefficacia solo di quest'ultima. Rinuncia al diritto alle restituzioni ed al risarcimento L'ultima parte della disposizione normativa in commento prevede la possibilità che — all'interno dell'atto espresso di remissione della querela — si inserisca la rinuncia al diritto alle restituzioni e al risarcimento del danno. La disposizione è importante perché rappresenta una deroga al principio generale che governa la materia. Ossia. La causa estintiva del reato in esame non comporta — quale effetto immediato e diretto — l'estinzione delle obbligazioni civili scaturenti dal fatto-reato. Tale ulteriore effetto estintivo può dunque prodursi esclusivamente nel caso in cui — nello stesso atto di remissione — la persona offesa dal reato, ovvero il rappresentante legale di questa, abbiano formulato una espressa rinuncia a far valere i diritti alle restituzioni ed al risarcimento dei danni. CasisticaSi cercherà di selezionare solo le pronunce si maggior interesse, fra la moltitudine di sentenza che sono intervenute sulla complessa e vasta materia. a) La remissione di querela condizionata è improduttiva di effetti giuridici in toto e non solo con riferimento alla condizione posta (Cass. III, n. 1519/1968). Ancora in tema di efficacia della remissione, il Supremo Collegio ha però chiarito come non possa esser considerata tale la mera pattuizione inerente all'aspetto delle spese. Perché la remissione risulti invalidata, occorre infatti che vi sia una espressa o pur tacita (ma inequivoca) sottoposizione dell'effetto estintivo all'avverarsi della condizione (Cass. II, n. 1218/1995). b) In tema di delitto di atti persecutoriex art. 612bis, la remissione di querela presentata ad un ufficiale di polizia giudiziaria vale ad estinguere il reato, in maniera analoga rispetto alla remissione che venga ricevuta dall'autorità giudiziaria. Il riferimento alla remissione processuale contenuto nell'art. 612-bis, infatti, deve essere rapportato al combinato disposto degli artt. 152 e 340 c.p.p. (Cass. V, n. 2301/2014). c) La remissione di querela fatta nei confronti del direttore del giornale — responsabile ai sensi dell'art. 57 — non si riverbera anche sulla posizione del giornalista, in ordine al reato ex art. 595. Le due diverse ipotesi delittuose si rapportano tra loro, infatti, secondo il canone della alternatività; l'effetto estensivo della causa estintiva, al contrario, postula l'esistenza del concorso di persone nella commissione del medesimo fatto (Cass. V, n. 38735/2014); sulla base del medesimo principio di diritto, la Corte ha precisato che — sempre nell'ipotesi di diffamazione commessa con il mezzo della stampa — la remissione di querela fatta nei confronti del giornalista incide anche sulla posizione dell'intervistato. Ciò rappresenta applicazione della norma di cui all'art. 155, fondata sull'esistenza di una fattispecie unica, derivante dalla cooperazione di più soggetti (Cass. V, n. 42918/2014). d) Le mere omissioni non possono integrare una remissione extraprocessuale tacita di querela. La norma postula infatti il compimento di «fatti» incompatibili con la volontà di persistere nella querela, ossia di condotte esteriormente apprezzabili sotto il profilo della materialità. Quindi le omissioni quali la mancata comparizione in dibattimento, o la mancata costituzione di parte civile non assumono la medesima valenza, potendo anche non trarre scaturigine da apprezzamenti di tipo abdicativo o remissorio (Cass. VI, n. 7759/2003). e) In tema di remissione extraprocessuale tacita, il Supremo Collegio è graniticamente orientato nel senso di interpretare in maniera molto rigorosa la reale volontà del querelante; nel senso che l'intenzione di abbandonare l'istanza punitiva deve emergere da comportamenti di significazione assolutamente indiscutibile ed inequivocabile. Il dubbio circa l'esistenza di tale volontà abdicativa, pertanto, legittima la conclusione della inesistenza di volontà di tacita remissione (Cass. V, n. 3913/2006, che ha giudicato immune da censure l'esclusione di tale volontà, ad opera del giudice d'appello, a fronte di un comportamento del querelante che si era limitato a dichiarare «abbiamo fatto pace, ma non ci salutiamo più», così esprimendo una intenzione remissoria in maniera solo velata ed equivoca). Sulla medesima direttrice concettuale si pone Cass. IV, n. 4059/2013, a mente della quale la remissione extraprocessuale tacita postula che vengano poste in essere condotte radicalmente discordanti con l'intenzione di persistere nell'istanza punitiva; condotte le quali possono poi semplicemente ricevere conferma e suffragio, attraverso il mancato intervento in udienza del querelante stesso (nella concreta vicenda, il soggetto passivo del reato aveva anzitutto monetizzato l'assegno ricevuto quale risarcimento del danno; in seguito, non si era presentato in udienza — nonostante fosse stato avvisato che a tale assenza si sarebbe poi attribuito il significato di voler rimettere la querela — così in definitiva manifestando un profondo ed inconfutabile disinteresse per la prosecuzione dell'azione penale). f) Le Sezioni Unite della Cassazione, con riferimento al processo dinanzi al giudice di pace, hanno stabilito che il mancato intervento in udienza del querelante — sebbene previamente avvisato del fatto che alla sua assenza sarebbe stato attribuito il significato implicito di remissione della querela — non integra una remissione tacita, in quanto non rappresenta un fatto incompatibile con la volontà di persistere nell'azione penale. Nella motivazione di tale pronuncia, peraltro, La Corte ha precisato come la remissione processuale possa assumere solo una connotazione espressa e possa essere ricevuta solo dal giudice che procede (Cass. S.U., n. 46088/2008). L'ultimo arresto della Cassazione — intervenuto nell'ambito di un processo tenutosi dinanzi al giudice di pace — è però orientato in senso diametralmente opposto. Si è infatti affermato il principio secondo il quale la mancata comparizione del querelante — una volta che questi sia stato in precedenza espressamente avvisato, circa il fatto che tale comportamento sarebbe stato inteso quale manifestazione di volontà abdicativa, rispetto all'istanza punitiva già presentata — integri gli estremi della remissione tacita extraprocessuale. La mancata comparizione così qualificata, infatti, si risolve in una omissione proveniente da un soggetto che tecnicamente non può propriamente essere qualificato “parte”; un soggetto, dunque, la cui inerzia non può assumere una significazione di tipo strettamente processuale. Tale condotta omissiva rappresenta pertanto solo la manifestazione di una precisa volontà esistente a monte. Obbligo del giudice — quale contraltare della valenza da attribuire alla perdurante assenza del querelante — è quello di scandagliare con accuratezza le modalità di formazione di tale comportamento. Di assicurarsi quindi che il querelante sia venuto personalmente a conoscenza dell'avviso suddetto; che non abbia espresso volontà di segno diverso; che non sussistano elementi in grado di offrire difformi lumi, circa la genuinità della scelta (Cass. S.U. , n. 12186/2016 ). Il principio di diritto qui espresso dalla Suprema Corte si fonda sulla rivisitazione dell'architrave teorica sulla quale poggiava il dictum della succitata Cass. S.U. n. 46088/2008 ; a mente di quest'ultima, l'eventuale attribuzione alla mancata comparizione del querelante — pur precedentemente avvertito — del valore dismissivo de quo, avrebbe assunto il significato di porre a carico della parte l'onere processuale della comparizione; all'inosservanza di tale onere sarebbe seguita l'improcedibilità dell'azione penale, mediante la fictio iuris della remissione tacita. Si sarebbe trattato, quindi, di una condotta processualmente rilevante, serbata da una parte in senso tecnico. Stabilisce però ora la Corte come - con la sola eccezione della fattispecie contemplata dagli artt. 21 ss. d.lgs. n. 274/2000 (ricorso immediato al giudice della persona offesa) e del caso in cui la persona offesa si sia anche costituita parte civile - essa non ha la veste di parte nel processo penale. Il comportamento della stessa non ha tecnicamente una natura processuale e si pone all'esterno del processo. L'assenza del querelante rappresenta quindi un parametro ínterpretativo; si tratta cioè di un elemento di prova, da cui il giudice trae il convincimento dell'inequivocabile volontà della persona offesa di rimettere la querela. Senza ovviamente che ciò possa determinare un decremento del livello di tutela assicurato alla persona offesa. Tale impostazione teorica è stata di recente ribadita dalle Sezioni Unite della Cassazione (trattasi diCass. S.U. n. 31668/2016). Il Supremo Collegio ha infatti statuito che — nel processo che si svolge dinanzi al giudice di pace, a seguito di citazione diretta disposta ad opera del pubblico ministero — integra un caso di remissione tacita di querela la mancata comparizione del querelante. La condotta consistente quindi nel non comparire in udienza, nonostante il suddetto previo avviso, deve essere inquadrata nell'ampio concetto di fatto extraprocessuale, incompatibile con la volontà di persistere nella volontà punitiva (art. 152, comma 2, terzo periodo). La Corte ha poi sottolineato la necessità di distinguere sempre tra il luogo fisico, nel quale venga espressa la volontà e la sede di valutazione di tale condotta, che presenta invece inevitabilmente sempre un connotato processuale. Muovendo poi dalla considerazione dell'esistenza di un preciso dovere in capo al giudice di pace, dovere consistente nel favorire la conciliazione fra le parti nei reati procedibili a querela, i Giudici di legittimità hanno chiarito come al giudice stesso sia rimesso un ampio ventaglio di scelta, circa le modalità più opportune per pervenire a tale risultato. Nulla esclude dunque che lo stesso giudice possa informare le parti circa il significato eventualmente ricollegabile al loro comportamento omissivo (rispettivamente, volontà tacita di rimettere la querela da parte del querelante e mancanza di ricusa, ad opera del querelato). Non è infine superfluo evidenziare come le Sezioni Unite abbiano ritenuto tale principio non limitato al giudizio davanti al giudice di pace, bensì sostanzialmente estensibile a tutti i reati procedibili a querela. Principio ricavabile dal complessivo contesto normativo di riferimento. E quindi, già dal dettato dell'art. 555 comma 3 c.p.p.; ma anche dalla considerazione che l'art. 90 bis c.p.p., introdotto dal d.lgs. 15 dicembre 2015, n. 212 ed attuativo dellaDirettiva 2012/29/UE, persegue il fine di potenziare la conoscenza delle norme processuali da parte della persona offesa, allo scopo di assicurare la massima tutela dei diritti della stessa. Tanto che il succitato art. 90 bis c.p.p., al comma 1, lett. n), prevede testualmente che alla persona offesa debbano esser fornite informazioni circa la possibilità di rimettere la querela ai sensi dell'art. 152. Per concludere. Secondo l'insegnamento della Cassazione, integra remissione tacita di querela l'omessa comparizione del querelante all'udienza dibattimentale, laddove il querelante stesso sia stato previamente ed espressamente avvisato dal giudic e, circa il fatto che una sua assenza sarebbe stata interpretata alla stregua di un comportamento inconciliabile con la volontà di persistere nella volontà punitiva. Anche stando a Cass. V, n. 5801/2021 costituisce remissione tacita di querela la mancata presentazione all'udienza dibattimentale del querelante; occorre però che questi sia stato prima espressamente reso edotto, circa il fatto che una sua eventuale mancata comparizione sarebbe stata intesa alla stregua di un comportamento inconciliabile con la persistente volontà di insistere nell’istanza punitiva. Grava poi sul giudice l’onere di motivare adeguatamente sul profilo della incompatibilità, fra gli atti posti in essere dal querelante e la perdurante volontà di insistere nella querela. Profili processualiNel caso in cui intervenga remissione di querela, tale causa estintiva prevale sul profilo della inammissibilità del ricorso in Cassazione. Ciò in quanto la remissione esplica effetti fino al momento in cui si formi il giudicato, dovendosi dunque aver riguardo all'esistenza di una pronuncia che abbia ormai assunto il carattere della irrevocabilità. La Corte di Cassazione pronuncerà pertanto declaratoria di estinzione del reato (Cass. V, n. 28941/2003). Sul tema specifico del rapporto fra causa estintiva del reato e causa di inammissibilità del ricorso in Cassazione, si veda Cass. S.U., 24246/2004. Quest'ultima pronuncia — sempre inerente al giudizio in Cassazione — ha ribadito che la fattispecie estintiva in esame, formata dalla remissione di querela e dalla relativa accettazione prevale sul rilievo dell'esistenza di una causa di inammissibilità del ricorso e conduce alla declaratoria di estinzione. Laddove poi intervenga remissione di querela nel corso di un giudizio di rinvio, susseguente ad annullamento ad opera della Cassazione per la necessità di rideterminazione della pena, la causa estintiva in commento dovrà esser dichiarata anche nel corso di tale giudizio (Cass. I, n. 42994/2008). In presenza di una remissione di querela, laddove il querelato non sia stato posto nelle condizioni di eventualmente ricusare tale remissione, la successiva declaratoria di estinzione del reato — che venga comunicata al querelato stesso e che da questi non venga impugnata — rende inammissibile il ricorso proposto dal P.M., per difetto di interesse. Questo perché l'assenza di ricusa da parte dell'avente diritto, in relazione alla sentenza che era stata emessa senza che egli fosse stato posto nelle condizioni di esprimere dissenso, rispetto all'effetto estintivo, produce a sua volta un definitivo effetto di estinzione del reato (Cass. S.U., n. 27610/2011). Una importante applicazione processuale si verifica in tema di delitti attinenti alla sfera sessuale, con riferimento alla procedibilità d'ufficio per connessione ex art. 609-septies comma 4 n. 4). Qui si è infatti affermato che tale forma di connessione opera “non solo quando vi è connessione in senso processuale (art. 12 c.p.p.), ma anche quando v'è connessione in senso materiale, cioè ogniqualvolta l'indagine sul reato perseguibile di ufficio comporti necessariamente l'accertamento di quello punibile a querela, in quanto siano investigati fatti commessi l'uno in occasione dell'altro, oppure l'uno per occultare l'altro oppure ancora quando ricorrono i presupposti di uno degli altri collegamenti investigativi indicati nell'art. 371 c.p.p. (Cass. III, n. 10217/2015)” (Diotallevi, in Rassegna Lattanzi-Lupo, 483). Il ricorso per Cassazione che venga proposto — dopo la pronuncia della sentenza, ma prima della scadenza del termine per la proposizione del gravame — è ammissibile anche nel caso in cui esso intervenga al solo fine di veicolare all'interno della vicenda processuale una remissione ritualmente accettata (Cass. VI, n. 2248/2011). Ancora sotto il profilo delle applicazioni processuali, evidenziamo quanto segue. Laddove vi siano fattispecie di reato procedibili a querela, che siano state commesse da più soggetti reciprocamente, ossia l'uno in danno dell'altro ed intervenga la remissione delle querele in epoca posteriore rispetto alla condanna, si verificherà l'effetto estintivo anche se il ricorso sia stato proposto da uno solo dei condannati. Dunque si estinguerà anche il reato ascrivibile a quello fra gli imputati che non abbia impugnato la condanna, a patto che la volontà sussunta nell'atto di remissione ricomprenda chiaramente tutti i fatti per i quali si è proceduto (Cass. V, n. 10335/2000). BibliografiaBattaglini, La querela, Torino, 1958; Fiandaca-Musco, Diritto Penale - Parte generale, Bologna, 1985; Gaito, voce Querela, istanza, richiesta, in Enc. giur., XXV, Roma, 1991; Mantovani, Diritto Penale - Parte generale,Padova, 1992; Manzini, Trattato di Diritto Penale italiano, III, Torino, 1950; Messina-Spinnato, Manuale breve Diritto Penale, Milano, 2018; Montagna,in Il Diritto Enciclopedia giuridica., 10, Milano, 2007; Ragno, Estinzione del reato e della pena, in Enc. dir., XV, Milano, 1966; Siracusano, voce Condanna,, in Enc. dir., III, Milano, 1961. |